L’idea di trascrivere per ensemble più o meno grandi (o più o meno piccoli) grandi sinfonie non è certo caratteristica del Novecento. Anzi, trascrivere e rielaborare è arte fondativa della storia della musica occidentale: passare da una compagine all’altra, magari dalle voci agli strumenti, è una prassi a tal punto consolidata che proprio nel Novecento e fino ad oggi si svilupperà ben oltre la semplice trasposizione. Ne sono ampia testimonianza le elaborazioni realizzate da Arnold Schoenberg a partire dagli anni Dieci di quel secolo, alcune delle quali proprio su Mahler (ma c’è anche Funiculì Funiculà), e che sono state ampiamente riproposte negli anni passati. Mahler, dunque: probabilmente è tra gli oggetti più ambiti dei desideri di trascrittori e rielaboratori. Tant’è che negli ultimi anni le sue sinfonie sono state più volte presentate in versioni cameristiche. Grazie a Gidon Kremer, alla sua Kremerata Baltica, l’ensemble da lui stesso fondato e col quale gira il mondo da decenni, e a Mario Brunello, una collaborazione la loro davvero di grandi talenti, eccoci ad una serata tutta Mahler, e un Mahler da camera appunto. Un’operazione suggestiva, che non mancherà di illuminare da una prospettiva diversa le pagine del grande compositore boemo, dal Quartettsatz (con Kristina Anuseviciute, prima parte della Kremerata, alla viola e il Premio Busoni Michail Lifits al pianoforte) alla Quarta Sinfonia, dove lo stesso Mahler aveva previsto in partitura la presenza di una voce bianca (qui interpretata da Freddie Jemison).