Nell’ormai lontano 1966 Grigory Sokolov è ancora un brillante studente del Conservatorio di Leningrado. A tal punto brillante, però, che decide di affrontare uno dei concorsi pianistici più impegnativi dell’intero panorama internazionale: il “Čajkovskij”. Peraltro quell’anno il presidente della giuria è Emil Gilels, già all’epoca una leggenda del pianismo mondiale. Sokolov, allora sedicenne, se pur lo possiamo immaginare emozionato, non si lascia sopraffare da qualsivoglia timore. Vince, e vince ottenendo il primo premio all’unanimità. L’Europa che sta al di qua della cortina di ferro lo scoprirà solo a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. E scoprirà l’interprete raffinato ed attento, e soprattutto un musicista dotato di una emotività al tempo stesso misurata e contagiosa, sobria e profonda, come del resto ci si aspetta da un grande interprete. Un interprete ammirato per la sua introspezione visionaria, la sua ipnotica spontaneità e la sua devozione senza compromessi alla musica, che lo porta a selezionare la propria attività, tenendo circa settanta concerti ogni stagione, ed immergendosi completamente in un programma per presentarlo in tutte le principali sale d’Europa.