Classe 1945, lascia la natia Romania appena sedicenne e va a studiare, grazie ad una borsa di studio, al Conservatorio di Mosca. Qui, tra i suoi insegnanti, ecco Heinrich Neuhaus. Pochi tratti che già ci lasciano intuire la tempra e l’avvenire di un pianista che solo cinque anni dopo vincerà il primo premio al Concorso “Van Cliburn”. E quello successivo trionferà nell’“Enescu”. Nel 1969, poi, otterrà il primo premio al “Leeds”. Anni mirabili, evidentemente, per Radu Lupu, che troveranno molto tempo dopo anche il riscontro del Premio Abbiati, che la critica musicale italiana gli riconoscerà nel 1989. Molto difficile in poche righe definirne l’estetica. Il primo elemento è sicuramente il rigore. Lupu è un pianista che non ha ceduto e non cede alle lusinghe dello star system, facendo della sua carriera un fulgido esempio di coerenza umana e interpretativa. E che a Musica Insieme, coerente appunto con questa ricerca interpretativa sempre in fieri, porterà un programma del tutto inedito, che annuncerà nei prossimi mesi, ma che già – come abbiamo appreso dalle sempre misuratissime anticipazioni dell’Artista – promette di incentrarsi su tre autori di grande fascino per tutti i pianisti, e che attraversano due secoli di storia della musica e della tastiera: Haydn, Čajkovskij e Schumann.